sabato 27 novembre 2010
ARTISTA ANDREA MARAZZI
Roma: SPAZIO 120 VIA GIULIA 119-120-121
gio 2 dicembre 2010 - dom 5 dicembre 2010
a cura di: Ilaria Pergolesi
RACCONTI DEL FANGO
MOSTRA PERSONALE
DI ANDREA MARAZZI
PRESSO SPAZIO 120
VIA GIULIA 119-120-121
"RACCONTI DEL FANGO"
VERNISSAGE 3 DICEMBRE 2010 ORE 18.30
A CURA DI ILARIA PERGOLESI
PREFAZIONE CRITICA :
“...l’arte è come fittizia espressione di un io che liberamente ricrea un mondo non di sostanze, ma di apparenze e l’artista... è un magico prestigiatore che combina tra loro le forme e le apparenze e che non ha pretesa della verità ma dell’invenzione...”
Friedrich Nietzsche
“I racconti del fango” si presentano attraverso un “unicum tematico” in cui protagoniste apparenti della raccolta sono le immagini del vissuto dell’autore. Osservando nel dettaglio, però, dietro alla figura dominante si possono scorgere un insieme di parole apparentemente casuali che invece rappresentano versi di classici letterari e musicali che l’artista, sentendoli propri, ha prescelto per poter definire l’essenza dell’opera.
Come a voler richiamare l’attenzione sull’eterna lotta tra pensieri e parole, e quindi tra sostanza ed apparenza, i soggetti proposti ci testimoniano la necessità primigenia di superare i limiti che tale dualismo esercitano sull’uomo.
Tale dicotomia è ulteriormente tangibile nel contrasto tra il soggetto principale, concreto e facilmente riconoscibile, seppur caratterizzato da labili contorni, e lo spazio intorno ad esso.
Fanno da sfondo non riferimenti reali, ma parole a prima vista occasionali che tendono a rappresentare il contorno del protagonista.
Nell’idea dell’autore tutto ciò non è per nulla casuale si propone infatti un’opera nell’opera: sono le parole stesse, che aggregandosi e disgregandosi creano una nuova verità, un nuovo soggetto, una nuova immagine, non più solamente letteraria ma assolutamente reale.
L’utilizzo delicato dei colori marroni, che rammentano il fango dopo la pioggia (da cui il titolo della raccolta), viene violentemente ribaltato da scritte commerciali in stampatello e da imponenti numerosi rossi che mirano ad identificare la fragilità del momento.
Quella del fruitore dovrebbe essere la ricerca di una realtà soggettiva, più rassicurante di quella rappresentata, rivolta alla ricerca dell’essenza, percependo come essa possa essere proprio al confine tra il conscio e l’inconscio, tra l’ordine del pensiero ed il caos delle parole, e tra ciò che sembra e ciò che invece è.
“...art is fictitious expression of an ego that freely reproduces a world that is not made with substance but with shadow and the artist…. Is a magic illusionist combining together shapes and shadows with no pretended truth but invention…”
Friedrich Nietzsch
“Mud Stories” are represented through a “thematic unicum” where, apparent subject of the collection are images deeply rooted in the author’s experience.
Though, looking in detail, behind their prevailing characters, we can perceive words that are fortuitous only at first glance, as indeed they represent lines taken from literary or music classics: feeling them as his own, the author has selected those words to define the essence of his works.
It’s as if he wanted to recall attention upon the eternal fight between thoughts and words, and therefore between substance and appearance, the proposed subjects give evidence of the primaeval need to get over the limits that this dualism exerts over men.
Said dichotomy is even more evident in the contrast between main subjects, that are concrete and easily recognisable even though they are traced with fleeting outlines, and the space around them.
In the background there are no realistic references but words, apparently occasional, outlining the subject.
In the author’s view this is not fortuitous, it’s proposed as a work within the work: it’s the words in fact, by aggregating and breaking up, that create a new truth, a new subject, a new image, not just a literary one but an absolutely real one.
The delicate use of browns, reminding mud after rain stops (from which the collection’s name), is voluntarily reversed by commercials reproduced in block letters and the many, impressive, tones of red aiming to identify the moment’s fragility.
The spectator’s research should aim to a subjective reality, more reassuring compared to the one that is represented by the paintings, addressed to the research of essence, perceiving how this might be on the threshold between conscious and unconscious, thoughts’ order and words’ chaos, between what seems and what really is.
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